E’ stato stimato che circa il 25% di tutte gli infortuni negli sport sono infortuni di caviglia e che circa l’85% sono distorsioni laterali.
Un esempio, nei Paesi Bassi nel 2011 è stato dimostrato che su 3.5 milioni di infortuni acuti sportivi, 510.000 sono distorsioni di caviglia.
Circa il 74% degli atleti soffre di almeno un re-infortunio.
Fino al 50%, tutti i casi di recidiva portano a disabilità e conducono a dolore cronico o instabilità, che richiede assistenza prolungata come indica lo studio di Kasper W Janssen, Willem van Mechelen, Evert Verhagen ‘Ankles back in randomized controlled trial (ABrCt) braces versus neuromuscolar exercises for the secondary prevention of ankle sprains. Design of a randomised controlled trial’.
I sintomi come dolore, gonfiore, debolezza muscolare o instabilità rimangono per molti anni dal primo infortunio nel 74% degli atleti.
Il 19% degli individui sviluppa un’instabilità cronica di caviglia come indicato dallo studio di Sabine Deussen, Martin Alfuth ‘The Influence of sensorimotor training modalities on balance, strength, joint function, and plantar foot sensitivity in recreational atlete with a history of ankle sprain: a randomized controlled pilot study’.
Quindi questo tipo di trauma non può non essere considerato e trattato perché può causare malessere sia fisico che psicologico, disfunzioni della deambulazione e della postura, ma anche insicurezza nello svolgere le attività della vita quotidiana.
CENNI DI ANATOMIA
La caviglia rappresenta il punto focale dove viene trasmesso il peso del corpo durante la deambulazione ed ha una struttura anatomica adeguata a questa funzione. Il cuscinetto calcaneare e le dita hanno la funzione di assorbire gli urti nelle varie fasi della deambulazione e dei gesti sportivi, inoltre le articolazioni sono responsabili degli adattamenti indispensabili all’equilibrio su ogni tipologia di terreno. Così l’articolazione della caviglia o articolazione tibio-tarsica condiziona i movimenti della gamba in rapporto al piede e ne orienta la volta plantare in tutte le direzioni per adattarla al terreno.
L’articolazione della caviglia è composta disto-prossimalmente dal malleolo tibiale, dal malleolo peroneale, dall’osso astragalico e dall’osso calcaneare, uniti tra loro da un complesso sistema di legamenti ricoperti dalla capsula
L’articolazione talocrurale è rinforzata dal legamento deltoideo (o mediale) di forma triangolare, e da tre legamenti laterali: il legamento peroneo-astragalico anteriore, il legamento tibioastragaleo posteriore e il legamento tibio-calcaneale.
Il legamento deltoideo sostiene il lato mediale dell’articolazione, ha inserzione sul malleolo mediale della tibia e si collega in quattro punti: sul calcagno,sul legamento calcaneonavicolare plantare, sulla tuberosità navicolare e sulla superficie mediale dell’astragalo.
Il legamento deltoideo è composto da:
- il legamento tibionavicolare (posto anteriormente) si inserisce sullo scafoide;
- il legamento tibiotalare anteriore;
- il legamento tibiocalcaneale;
- il legamento tibiotalare posteriore;
Il legamento collaterale laterale dell’articolazione della caviglia è composto da:
- il Legamento peroneo-astragalico anteriore si inserisce sul collo dell’astragalo (PAA);
- il Legamento peroneo-calcaneare si inserisce inferiormente sulla superficie laterale del calcagno (PC);
- il Legamento peroneo astragalico posteriore si inserisce sulla superficie postero-laterale dell’astragalo (PAP).
I legamenti ventrali e tibioastragalici anteriore e posteriore rinforzano la parte laterale dell’articolazione talocrurale, dal malleolo laterale della fibula alle estremità dorsale dell’astragalo.
Il legamento tibio-calcaneale origina dal malleolo laterale e si inserisce sulla superficie laterale del calcagno.
Sebbene non copra l’articolazione della caviglia stessa, il legamento sindesmotico fornisce un importante contributo alla stabilità della caviglia. Questo legamento abbraccia la sindesmosi, cioè l’articolazione tra l’aspetto mediale del perone distale e l’aspetto laterale della tibia distale.
Una lesione isolata a questo legamento è spesso chiamata distorsione alla caviglia alta.
L’architettura ossea dell’articolazione della caviglia è più stabile nella dorsiflessione pertanto, è più probabile che si verifichi una distorsione alla caviglia quando la caviglia è flessa plantare, poiché il supporto legamentoso è più importante in questa posizione.
La distorsione alla caviglia classica coinvolge il legamento peroneo-astragalico anteriore (PAA), è anche il legamento più comunemente lesionato durante le distorsioni da inversione. Un altro legamento che può essere lesionato in una distorsione alla caviglia grave è il legamento tibiocalcaneale.
ASPETTI PATOLOGICI E TRAUMATOLOGICI
Come già sottolineato, le distorsioni della caviglia sono le lesioni più frequenti che caratterizzano tale articolazione e, in generale, tutto l’arto inferiore, colpendo particolarmente gli atleti tra i 15 ed i 35 anni che praticano sport come pallavolo, pallacanestro, corsa e calcio. Le distorsioni si verificano sia dopo un movimento di eversione che di inversione della caviglia e di norma in entrambi i casi vi è sempre una componente flessoria della pianta del piede associata ai due movimenti
Solitamente le distorsioni in inversione rappresentano circa l’85 % di tutte le distorsioni di caviglia, quindi le prime strutture danneggiate sono la capsula articolare ed il fascio legamentoso anteriore. Se la distorsione risulta essere più grave, vengono cagionate le altre due strutture, ossia il fascio legamentoso mediale e in seguito il posteriore.
Le distorsioni di caviglia in eversione sono molto meno frequenti e portano a volte, più che alla rottura dei potenti e resistenti legamenti del compartimento mediale (leg. deltoideo), ad un distacco del malleolo laterale, anche se in entrambe le distorsioni il più colpito è il legamento laterale anteriore o peroneo astragalico anteriore.
Possiamo classificare le distorsioni di caviglia in tre gradi:
Nella distorsione di primo grado solitamente non abbiamo una perdita funzionale dell’articolarità ed infatti i pazienti non si accorgono o quasi dell’accaduto e quando avvertono qualcosa si curano autonomamente; clinicamente in questi pazienti si osserva un modesto edema alla caviglia o un quadro di normalità, se il paziente mobilizza la caviglia ha pochissimo o nessun dolore, dolore lieve che compare solo stressando l’articolazione nel verso della distorsione, di solito in inversione.
Quando abbiamo una distorsione di secondo grado la diagnosi risulta, invece, essere più complessa in quanto implica la parziale rottura del legamento, dall’interessamento di poche fibre fino ad una lesione sub-totale. In questi casi il paziente si presenta con un edema ben visibile ed ha già avvertito dolore nell’immediatezza del trauma, inoltre può presentare perdita funzionale moderata. Questo stadio nasconde numerose insidie come la lassità legamentosa che, se non ben curata, porta a frequenti recidive dovute all’instabilità.
Possiamo dire, infine, di avere una distorsione di terzo grado quando si ha una rottura completa del legamento; in questi casi il paziente non ha dolore o ha un dolore lieve e la diagnosi viene effettuata dopo aver effettuato un’ecografia.
La particolarità della lesione è che il paziente ha una completa impotenza funzionale dopo il trauma ed è presente un edema vistoso con dolorabilità della caviglia alla palpazione.
PROTOCOLLO FISIOTERAPICO
A livello pratico bisogna considerare la situazione del paziente ed adattare il programma terapeutico. Le linee guida non devono essere rigide o dogmatiche: saranno adattate (tailored) alla situazione bio-psico-sociale del paziente in accordo con il fisioterapista dopo aver elaborato un ragionamento clinico.
P (PROTECTION): In un paziente giovane sicuramente è meglio suggerire l’applicazione di un tutore elastico, rispetto all’ingessatura ed all’immobilizzazione (se sono state escluse fratture) con l’ausilio di stampelle (nei primissimi giorni) in base al dolore del paziente ed il grado di distorsione. Se il paziente invece è un paziente anziano fragile, il tutore è sempre consigliato, con tempistiche magari più prolungate per quanto riguarda il permesso al carico, però le stampelle sono sicuramente molto più pericolose e non adatte alla situazione, quindi è plausibile l’indicazione di una carrozzina.
E (ELEVATION): A qualsiasi tipologia di paziente, l’elevazione nei primissimi giorni è importante per favorire il ritorno venoso ed il gonfiore.
A (ANTI INFIAMMATORI): il medico di riferimento suggerirà al paziente quali siano i farmaci più indicati per la terapia.
C (COMPRESSION): Le linee guida non danno preferenze tra un tape o un bendaggio elastico, ma dagli studi, si evince che calze elastiche di classe II (pressione di 25 mmHg) sono preferibili al trattamento con il tape negli outcomes di soddisfazione del paziente, gonfiore e funzionalità. Il tutore elastico è comunque più ottimale per queste condizioni, sia per l’atleta sia per l’anziano fragile.
E (EDUCATION): L’educazione è un passo fondamentale nella terapia.
E’ importante che il paziente comprenda bene gli esercizi terapeutici e venga anche periodicamente monitorato dal Fisioterapista
La terapia manuale fornisce risultati positivi ed incoraggianti per quanto riguarda il ROM.
Sicuramente in un paziente anziano fragile potrebbe essere traumatico l’utilizzo della terapia manuale, ma in un paziente giovane o in un atleta aumenta i risultati di outcomes quali il ROM e la funzionalità complessiva di caviglia
L (LOAD): Il carico comincia con un parziale già dal 4°/5° giorno con l’ausilio di 2 stampelle, progredendo con esercizi a catena cinetica chiusa che consentono un carico sempre maggiore fino ad arrivare all’abbandono delle stampelle ed alla concessione del carico completo.
Per la persona anziana si valuterà la possibilità di usare un rollator per facilitare gli spostamenti nella fase iniziale.
O (OPTIMISM): Le prospettive ottimistiche del paziente sono associate ad outcomes migliori e prognosi migliore.
I fattori psicologici come il catastrofismo, depressione e paura possono rappresentare delle barriere per il recupero.
V (VASCULARISATION): Mobilizzazione precoce ed esercizio aerobico migliorano le funzioni fisiche, contribuendo al ritorno al lavoro o all’attività sportiva o alle attività di vita quotidiana in generale e riducendo il dolore e l’uso di farmaci.
E (EXERCISE): esistono numerosi esercizi che possono contribuire al recupero dell’articolarità, flessibilità e della forza muscolare e quindi, successivamente, al pieno recupero delle attività di vita quotidiana.
Esercizi con bande elastiche, in catena cinetica chiusa, progressione degli esercizi propriocettivi passando dalla corretta ripetizione di un movimento indotto precedentemente dal terapista a percorsi su tavolette e piani instabili, con opzioni terapeutiche ad occhi chiusi o aperti o con il passaggio e la presa di una pallina al paziente.
Questo protocollo può essere considerato sia per la fase in acuto sia per la fase cronica
I metodi di prevenzione per ridurre il rischio di un evento che potrebbe destabilizzare l’attività quotidiana del paziente sono gli allenamenti specifici come l’allenamento propriocettivo e la coordinazione, per uno sportivo l’allenamento specifico riferendosi alla tecnica individuale di gioco come la capacità di atterraggio e di salto, bendaggi funzionali a scopo preventivo possono essere indicati.
Dott.re in Fisioterapia Luca Marchini